Come orientarsi quando si ha bisogno di aiuto
La scelta di uno psicologo (o psicoterapeuta) a cui rivolgersi non è semplice. Le persone ricorrono a differenti metodi per scegliere il professionista a cui rivolgersi. Possiamo far rientrare queste modalità in tre gruppi.
- Ci sono quelli che, quando hanno bisogno di uno psicologo, chiedono al proprio medico di base oppure si rivolgono alla ASL di riferimento ovvero il reparto materno infantile se si tratta di un minorenne, al CIM se si tratta di un maggiorenne. Per problematiche legate a forme di dipendenza come alcool, sostanze o gioco d’azzardo di solito ci si rivolge al Ser.D. (Servizio dipendenze). Questa strada è tipica delle persone che tendono a preferire il servizio pubblico e/o circuiti istituzionalizzati.
Le motivazioni alla base di questa scelta sono da una parte che il servizio pubblico, nonostante tutto, conserva ancora, almeno in alcune aree di intervento e in alcune regioni del paese, di maggiore fiducia e dall’altra i costi sono ridotti rispetto ad altre tipo di scelte come ad esempio la scelta di un professionista privato.
- Un’altra fetta di popolazione, quando deve rivolgersi ad un professionista della salute mentale, chiede consiglio ad amici o parenti così da essere indirizzata privatamente verso una figura professionale qualificata. Questa è una modalità molto diffusa e ha generalmente buoni risultati. Questo perché la persona a cui si chiede consiglio è una persona che gode della nostra fiducia e questa fiducia si trasferisce sul professionista e contribuisce a gettare buone basi per cominciare un processo terapeutico.
- Sempre più spesso, negli ultimi anni, tuttavia, la ricerca passa attraverso il web; internet è uno strumento molto utilizzato per trovare uno psicologo (e non solo) a cui rivolgersi. Questa tendenza è in continua crescita e possiamo attenderci che sarà ancora più diffusa nei prossimi anni. Le persone tendono quindi, ad andare su un motore di ricerca, come può essere google e cercare il professionista nella propria zona. Negli ultimi anni si cerca anche la possibilità di una (prima) consulenza on line.
A fronte di queste possibilità, è bene però essere informati e avere un po’ di chiarezza sulle differenze che caratterizzano le diverse figure professionali che a vario titolo si occupano di salute psicologica. Occupandomi di questo settore infatti, comprendo che può non essere semplice orientarsi e neppure comprendere le diverse professionalità, molte delle quali nate negli ultimi anni, a cui potersi rivolgere.
Se parliamo di salute mentale e ambito clinico, le tre principali figure sono: lo psicologo, lo psichiatra e lo psicoterapeuta. Molte persone non conoscono la differenza tra queste figure professionali e tendono a sovrapporle o a fare confusione. Inoltre, sono figure che purtroppo sono caratterizzate da preconcetti e luoghi comuni, come ad esempio che lo psicologo usa il lettino e ci si sdraia e si da libero sfogo ai pensieri oppure che chi va dallo psichiatra è malato o pazzo.
Intanto proviamo a fare un po’ di chiarezza su queste tre figure professionali:
Lo psicologo è una persona laureata in psicologia. Attualmente la laurea completa è di cinque anni: tre di base e due di specialistica. Per chi raggiunge il ciclo completo è ha effettuato le diverse ore di tirocinio previste, può accedere all’esame di stato ed essere abilitato alla professione di psicologo e iscriversi all’apposita sezione dell’albo. Lo psicologo è una figura complessa e che si caratterizza da tanti ambiti di intervento.
Non tutti gli psicologi si occupano di salute mentale o di un settore clinico. Anzi possiamo dire che il settore clinico nell’ampio campo della psicologia è un settore molto limitato. Possiamo immaginare il campo di intervento della psicologia come una grande torta e considerare la clinica un piccolo spicchio.
Altri campi di intervento sono ad esempio lo sport, il lavoro e le organizzazioni, il settore del marketing e della pubblicità, l’intelligenza artificiale o la psicologia applicata alle nuove tecnologie.
Considerando l’ambito clinico possiamo dire che rientrano generalmente tra le mansioni dello psicologo: lo svolgere colloqui clinici con finalità di valutazione ed eventualmente sostegno. Lo psicologo può fare alcuni tipi di diagnosi che può rilasciare attraverso delle attestazioni ed usati nei termini consentiti dalla legge, può fare valutazioni attraverso l’uso di alcuni test.
Lo psicologo quindi, non può erogare servizio di psicoterapia ne prescrivere farmaci poiché non abilitato per entrambe queste cose.
Lo psichiatra appartiene ad un’altra famiglia rispetto allo psicologo. È un medico quindi, laureato in medicina, e poi, ha effettuato una specializzazione in psichiatria. Può somministrare farmaci e fare colloqui psicologici clinici e fare valutazioni. Inoltre, (per un mistero della legge italiana), pur non avendo fatto studi specifici di psicoterapia, è abilitato ad esercitarla. Quindi lo psichiatra può erogare servizi di psicoterapia e come medico prescrivere farmaci psicoattivi (ansiolitici, antidepressivi, stabilizzatori dell’umore ecce cc.).
Lo psicoterapeuta è uno psicologo o uno psichiatra specializzato in psicoterapia attraverso una apposita scuola di specializzazione della durata di quattro o cinque anni. Quindi ha una formazione base come laureato in psicologia o laureato in medicina con specializzazione in psichiatria e poi ha proseguito il corso di studi per ulteriori quattro o cinque anni per diventare psicoterapeuta.
Quando è utile rivolgersi ad uno psicologo o ad uno psichiatra o ad uno psicoterapeuta?
La risposta dipende da cosa si sta cercando e di cosa si ha bisogno. Se vogliamo dei farmaci lo psichiatra è l’unica figura che può prescriverli. Se stiamo cercando una valutazione invece potrebbero essere più adatti uno psicologo o uno psicoterapeuta. Personalmente tenderei a semplificare la cosa in questo modo: di qualunque cosa si pensa di aver bisogno (riferendomi ad un colloquio di orientamento) uno psicoterapeuta, che sia esso psicologo o psichiatra è adatto a valutarla e ad orientare la persona. Inoltre l’idea che se si sta male si può ricorrere subito ai fartmaci ritengo sia un’idea pericolosa. I sintomi emotivi o comportamentali sono sempre segnali che andrebbero compresi e a cui vanno date delle risposte. Quindi se i farmaci possono essere utili in molte situazioni e a volte anche indispensabili di per sé non riescono ad rappresentare una soluzione definitiva alle difficoltà di solito presentate. I farmaci, banalmente hanno un’azione sugli aspetti neurochimici e tendono quindi a contenere i sintomi ma senza promuovere processi di cambiamento interni o nel sistema di vita della persona. Per usare una metafora è come se alla macchina si accendesse la spia dell’olio e noi, anziché aggiungere l’olio o verificare il guasto o la presenza di una perdita decidessimo semplicemente di togliere il fusibile della spia. La spia non si accende e apparentemente la macchina andrà bene ma sarà inevitabile che dopo un po’ avremo dei problemi. Certo questa è una semplificazione ma poiché l’uso dei farmaci psicoattivi, anche nel nostro paese è abnorme, ci tengo a sottolineare che la scelta dei farmaci dovrebbe avvenire solo dopo un’attenta valutazione clinica della situazione e la figura a mio avviso più indicata è un professionista con esperienza clinica e psicodiagnostica che solitamente ha la persona specializzata in psicoterapia (psicologo o psichiatra).
Esistono diverse tipologie di psicoterapeuti ovvero in relazione al loro orientamento teorico. Non esiste un solo modo di fare la psicoterapia ma ne esistono molti. Così potresti trovare uno psicologo ad orientamento dinamico oppure cognitivo o ancora sistemico relazionale o gestaltico. Ogni scuola di specializzazione fa riferimento ad un particolare approccio clinico. Quindi restano due strade: o vi informate sui diversi orientamenti (mi impegno a scrivere qualcosa a riguardo in un post futuro) oppure vi affidate alla persona che vi consiglia sia esso medico, amico o il ”web” (in quest’ultimo caso la vostra personale valutazione sarà discriminante).
Detto questo come si procede nel caso vogliamo rivolgerci e chiedere aiuto a qualcuno?
La persona che cerca una figura come lo psicologo ha fondamentalmente due possibilità: o si rivolge al pubblico oppure si rivolge al privato. Come già accennato sopra le strutture pubbliche possono essere: il C.I.M, il Ser.D, i servizi delle Asl territoriali, alcune strutture ospedaliere, i consultori ecc.
Vediamo ora i vantaggi e gli svantaggi di questa scelta.
Sicuramente tra i vantaggi vi è il fatto che nella struttura pubblica a torto o a ragione ci si sente più tutelati. Un altro vantaggio è la sicurezza che, la persona che andremo ad incontrare, è qualificata. Il terzo vantaggio è quello economico; presso le strutture pubbliche si paga il ticket il cui costo dipende dalla propria regione di appartenenza ma che generalmente si aggira intorno alle quaranta euro per visita. Tuttavia, le persone esenti non pagheranno e in più generalmente, le strutture pubbliche offrono dei pacchetti di otto incontri a circa 65-70 euro.
Tra gli svantaggi più comuni che possiamo incontrare possono esserci i seguenti:
- Non possiamo scegliere il luogo, gli orari ne la persona che ci farà il colloquio. Inoltre non è detto che nel proprio territorio si eroghi un servizio di psicoterapia e qualora lo si trovasse, che riesca a garantire una continuità, elemento essenziale per un percorso di psicoterapia.
- I servizi pubblici, sono caratterizzati dall’esistenza delle liste di attesa. Questo rende l’accesso al servizio pubblico complicato poiché come per altre esigenze che riguardano la salute, un’ intervento precoce e tempestivo è importante per una prognosi più favorevole.
Purtroppo la situazione italiana, che sicuramente riusciva ad avere dei livelli di assistenza e intervento all’avanguardia e un sistema che gli altri paesi potevano invidiarci, negli ultimi anni ha subito un drastico peggioramento. È ben noto che le Asl non assumono personale da molti anni e che non si sono fatti concorsi importanti da molto tempo. Le politiche riguardo questa tipologia dei servizi, a dispetto delle tante ricerche che dimostrano i benefici anche economici di questo tipo di interventi, è inspiegabilmente una politica conservatrice e di tagli. Questo ormai incide pesantemente sulla capacità delle strutture di erogare servizi continuativi e di qualità.
Comunque tornando al nostro tema, l’altra possibilità ovviamente è il privato. Qui lo svantaggio maggiore è il costo che può essere molto variabile in genere da un minimo di 40 euro (anche se gli ordini hanno abolito il minimo tariffario) ad un massimo che può arrivare a 150-180 euro ad incontro. I vantaggi sono sicuramente legati alla scelta del professionista, alla immediatezza (o quasi) dell’accesso ad una prima consulenza e in generale ad un maggiore controllo sulla situazione.
Nel il privato troviamo anche strutture come associazioni, cooperative o strutture che fanno parte appunto del privato sociale. Questa è una scelta che sembra essere una via di mezzo. I costi generalmente sono più contenuti, ma l’accesso non è sempre diretto e ogni struttura si organizza in uno specifico modo. Ad esempio personalmente coordino le attività del Centro dell’associazione Le Chiavi di Tivoli e per accedere al servizio, che è possibile in pochi giorni, occorre prendere un appuntamento telefonico. Se non si hanno specifiche preferenze sul professionista con il quale si vuole l’appuntamento, la persona verrà ricontattata da uno psicologo dell’equipe del centro e verrà fissato un primo appuntamento gratuito. Tale colloquio sarà di orientamento e avrà come obiettivo quello di comprendere l’utilità di intraprendere un percorso più strutturato.
Inoltre in caso che abbiamo bisogno di certificazioni ad esempio un disturbo dell’apprendimento di un bambino in età scolare o un’invalidità o in generale certificazioni che fanno accedere a benefici di assistenza pubblica, la certificazione di uno psicologo privato ha poco credito. E spesso la persona dovrà comunque fare una certificazione presso una struttura pubblica o accreditata.
Quanto dura una psicoterapia?
Uno dei motivi per cui le persone sono restie ad andare da uno psicologo è l’idea che la terapia debba durare anni. Questo è una falsa credenza dettata forse dal modello psicoanalitico che è un modello clinico che ha bisogno di una lunga durata e di sedute con una frequenza intensa. In realtà le terapie oggi sono molto più brevi. Tuttavia non è semplice per lo psicologo dare dei tempi e rispondere quindi ad una pur legittima domanda del cliente: quanto tempo durerà?
Bisogna però comprendere che la terapia è qualcosa di diverso dal prendere l’antibiotico o dall’andare da un dentista. Non vi è un tempo prestabilito di durata di una terapia, “ci vorrà il tempo necessario”. È pur vero che questa affermazione è troppo generica.
La verità, e diffidate di chi dice il contrario. lo psicologo non è in grado di dare una risposta chiara e netta a questa domanda perché i fattori che entrano in gioco sono molteplici e solo parzialmente dipendono da lui. Leggevo un programma di un collega che promuoveva percorsi per l’ansia in otto sedute. Mi chiedo se è un fenomeno lui o come diavolo faccia a sapere come andranno gli incontri e la loro durata ancor prima di incontrare quella persona. È chiaramente una trovata di marketing per attrarre pazienti o persone al proprio studio. Sicuramente, attraverso tecniche specifiche alcune persone in otto incontri potranno imparare a riconoscere e gestire i propri stati ansiosi ma questo è molto diverso dal dire di poter curare l’ansia in otto incontri. È come dire che un ortopedico si proponga di guarire la frattura alla gamba in quindici giorni prima di vedere la lastra, sapere le condizioni del paziente o la sua età. Non ha alcun senso.
Quindi la durata e l’andamento dipenderanno dal tipo di sintomatologia e da quanto tempo è presente, dalle condizioni di vita della persona e dipende molto dalla persona stessa che ha di fatto il vero controllo sul processo terapeutico.
Generalmente una terapia comunque può durare da uno a tre anni, in alcuni casi meno. Quello che onestamente lo psicologo può fare, iniziato un percorso è quello di verificare di tanto in tanto se gli obiettivi individuati sono stati raggiunti o se comunque si sta andando in quella direzione. Del resto il paziente può interrompere la terapia in qualunque momento, se ritiene che non gli sia utile.
L’ultimo consiglio per chi si rivolge a privati, è quello di controllare sempre attraverso gli ormai tanti canali presenti sul web, se la persona che ci sta offrendo il suo aiuto sotto remunerazione sia abilitato a farlo. In particolare se sia iscritto all’albo degli psicologi e psicoterapeuti. Albo facilmente consultabile a questo sito www. psy.it, o nel caso di uno psichiatra che sia abilitato all’esercizio della professione.
In questo post non ho trattato il vasto mondo delle figure che si occupano a diverso titolo della promozione della salute e del benessere come i counselor e i coach. Ritengo doveroso però dire che tali figure comparse negli ultimi anni prima nel nord Europa e poi anche in Italia non sono figure sanitarie e che ci sono sentenze che vietano loro di occuparsi di sintomi psicologici, campo di intervento degli psicologi e degli psicoterapeuti. Sono figure professionali che non richiedono lauree ma sono gestite da enti privati che si autopromuovono attraverso loro corsi che variano la durata dai due ai tre anni. Ovviamente chi ne trae beneficio può avvalersene ma è importante avere chiara la distinzione tra queste figure professionali e i loro campi di intervento.
Bene, con questo è tutto, spero ti sia stato utile questo post!