Nella prima parte di questo post hai visto come l’apprendimento è di estrema importanza per l’essere umano e che questa abilità è presente dalla nascita fino alla morte. Cambia la velocità con cui riusciamo ad apprendere nuove abilità nelle differenti fasi della nostra vita ma è sempre possibile apprendere.
La velocità di apprendimento dipende dalla maggiore plasticità del cervello ossia la maggiore facilità con cui i neuroni riescono a formare nuove reti o Chunk. Se hai letto la prima parte del post, se non lo hai fatto ti invito a farlo (Prima parte), hai imparato che i neuroni sono particolari cellule presenti in numero elevatissimo nel nostro cervello e anche se, ne esistono differenti tipi, sono tutti deputati a comunicare. Lo fanno attraverso impulsi elettrici a velocità elevatissime. Avrai anche scoperto che la capacità di apprendere è soggetta all’allenamento. Quindi più esercitiamo il nostro cervello e più questo sarà capace di apprendere; al contrario più saremo pigri e non ci impegneremo in attività di apprendimento più questa abilità risulterà deteriorata. A questo proposito mi viene in mente il mio professore di filosofia che diceva che la lettura è da considerarsi alla stregua dell’igiene personale. Quando ci sia alza ci si fa una doccia, ci si lava, ci si lava i denti e così via. Ebbene leggere per almeno una mezz’ora al giorno è l’igiene del cervello. Infatti questa attività renderà allenata la mente.
Adesso vedremo alcune tecniche per apprendere meglio.
Quando mi capita di incontrare in terapia uno studente universitario in difficoltà con gli esami ragiono con lui anche sul modo che ha di studiare. Tipicamente le persone ansiose tendono in alcuni casi ad impegnarsi molto nello studio ma riuscendo tuttavia ad ottenere scarsi risultati proprio dettati ed influenzati dall’ansia dell’esame. Questa premessa ha due aspetti che voglio approfondire. Ovviamente si da per scontato che la causa dell’ansia o delle difficoltà riscontrate all’esame non siano dovute al poco studio o ad un’insufficiente preparazione.
Nel precedente post ho spiegato come il nostro cervello funziona principalmente in due modalità quella focalizzata e quella diffusa. Per apprendere c’è bisogno di tempo e dare la possibilità al cervello di muoversi da una modalità all’altra. Quindi la condizione migliore per studiare, come il senso comune suggerisce è quella di darsi del tempo per apprendere gli argomenti e il contenuto oggetto di studio. Le abbuffate di studio non funzionano poiché sovraccarichiamo di informazioni i nostri circuiti neuronali e quindi si potrebbe dire che non si formano chunk efficienti. Inoltre l’attività focalizzata deve essere intervallata da una pausa che permette al cervello di staccare. Esiste una tecnica che oltre a risolvere questo problema ne risolve un’altro altrettanto importante per l’apprendimento ovvero la procrastinazione. Il procrastinare è quell’atteggiamento di rinviare continuamente le attività da fare e in questo caso le attività di studio. La nostra mente tende a non volersi affaticare troppo e quindi predilige attività che danno sollievo o dei benefici per quanto effimeri come guardare un film, mangiarsi un dolce o navigare su facebook o istagram. Tanto più procrastiniamo, tanto più il compito ci risulterà pesante ed indigesto. Allora la tecnica è la seguente: si mette una sveglia da cucina, predisposta proprio per tale scopo. Chiunque può trovarne una. Si mette la sveglia dopo venticinque minuti, e si allontanano tutte le fonti di distrazioni. Il cellulare, ad oggi la principale fonte di distrazione, va spento e non solo messo senza suoneria! Quindi si comincia a studiare fino a quando la sveglia non suonerà. l’obiettivo è quello di restare concentrati per tutti i minuti. Quando la sveglia darà lo stop si farà una pausa di cinque minuti. In questa pausa è importante che ci si dia una ricompensa di qualche genere. Nei minuti di pausa bisognerebbe staccare la mente da attività che richiedono una certa attenzione ad esempio anche navigare in rete o guardare la tv. Insomma sarebbe meglio fare un po’ di movimento, sgranocchiare qualcosa o prendere una bella boccata d’aria. Passato questo tempo ci si rimette a studiare per altri venticinque minuti. E così via per tutto il tempo a nostra disposizione per quella attività. Questa tecnica messa appunto da un italo americano è stata chiamata la tecnica del pomodoro. Ha il vantaggio di essere di semplice applicazione e tutti possono riuscire a stare venticinque minuti concentrati. Inoltre questa modalità di studio risulta efficace perchè permette un’alternanza tra la modalità focalizzata e quella diffusa. Anche i procrastinatori cronici possono beneficiarne poiché poggia su un’altro aspetto importante che è quello dello spezzettamento del compito. Se io so che devo studiare per tre o quattro ore questo pensiero di per sé mi farà demotivare e il compito può assumere così le sembianze di una e vera propria impresa. Dividere le quattro ore in parti più piccole di venticinque minuti al contrario darà la percezione di una maggiore raggiungibilità dell’obiettivo. La mente spesso ci inganna ma a volte possiamo ingannarla volutamente!
Quindi riassumendo si può dire che bisogna darsi del tempo per apprendere le cose e quindi per tali ragioni il consiglio di iniziare lo studio non a ridosso di un esame è certamente un buon consiglio. Inoltre le abbuffate di studio non sono efficaci. Dividere il compito in parti più piccole e più facilmente raggiungibili aumenterà il nostro senso di efficacia e permetterà anche un migliore apprendimento.
Passiamo ora ad un altro aspetto che spesso coinvolge la nostra parte emotiva ovvero l’ansia da prestazione. Questa può essere così forte da compromettere anche una prova alla quale ci si è preparati con cura. C’è da dire che oggi l’insicurezza generale delle nuove generazioni, dovuta a molti fattori che non tratto in questo post, fa dell’ansia un nemico davvero temibile per chi vuole procedere negli studi o in attività in cui bisogna mettersi continuamente alla prova. A questo riguardo ho un consiglio e una tecnica.
Il consiglio riguarda quello di provare a vedere l’ansia sotto un aspetto differente da come viene percepito di solito. Una persona che prova ansia tende a preoccuparsi per questa sensazione spiacevole e a volte sconvolgente che possiamo chiamare sintomo. L’ansia fa dubitare di se stessi, ci porta a distrarre la nostra attenzione dal compito alle sensazioni spiacevoli che proviamo. Ci induce in una condizione di paura poiché temiamo di perdere il controllo e di esserne sopraffatti. Tutti questi aspetti ci portano a farci bloccare o in genere ad ottenre risultati al di sotto delle nostre reali possibilità.
Il cambiamento che bisogna riuscire a fare, attraverso il proprio dialogo interno è la modificazione dei pensieri che attribuiscono significato a ciò che sta accadendo. L’ansia esiste perchè la natura ha pensato bene di dotarci di un sistema di allarme capace di farci attivare nei momenti di pericolo. Così in nostri antenati progenitori, mentre stavano nelle praterie o nelle foreste, ad un ruggito venivano assaliti da un senso di ansia e paura capace di farli correre più velocemente attivando ogni loro abilità per trovare velocemente un rifugio. Provare ansia prima di un esame o di una prova sta ad indicare che il corpo e la mente si stanno preparando ad affrontarlo al meglio. La nostra maggiore attivazione ci sta fornendo tutte le condizione per sfruttare al meglio le nostre abilità. Dovremmo quindi riuscire a vedere i segnali di ansia non più con paura e preoccupazione bensì con gioia poiché significa che saremo in grado di affrontare la prova nelle nostre migliori condizioni. Saremo pronti. Forse ti sembrera banale o strana questa tecnica ma è stato dimostrato attraverso delle ricerche empiriche che gli studenti che riuscivano a cambiare il proprio dialogo interno e attribuire così questo significato ai segnali dell’ansia non venivano sopraffatti o blaccati da questa ma anzi riuscivano ad ottenere ottimi risultati. Quindi il dialogo interno deve cambiare da “oddio andrà male, mi sento troppo ansioso” o “ il fatto che sono così ansiosa indica che non sono preparato” a “ bene, mi sto preparando ad affrontare con successo questa prova.” oppure “ anche il mio corpo si sta preparando a dare il meglio per farmi superare la prova”. È sottovalutata la capacità con la quale le persone attraverso i loro pensieri determinano anche il loro risultato. I cognitivisti ce lo hanno insegnato, così come anche parte della PNL, le nostre convinzioni hanno un grande impatto sui nostri comportamenti. Imparare a gestire i propri pensieri e assumerne il controllo ci permette anche di avere migliori risultati.
La tecnica invece che suggerisco è quella della respirazione quadrata. È una tacnica base semplice per la gestione dell’ansia. Ciò che si cerca di fare è quella di ridurre i sintomi dell’ansia attraverso la respirazione.
Quindi ci si mette comodi su una sedia, con le spalle dritte e si lavora sulla respirazione. Si fanno dei lunghi e profondi respiri. Si respira profondamente con il naso e si trattiene il respiro per circa cinque o sei secondi poi si butta fuori l’aria in modo lento e poi ancora si prende un bel respiro e si trattiene per altri cinque o sei secondi. Questo ripetuto per una decina di volte. Questa attività tende a riportare la nostra respirazione, alterata da uno stato ansioso, alla normalità e permette di rilassare anche altre parti del corpo diventate più contratte . Questo esercizio a mio avviso è utile in generale e non solo quando si è in uno stato di ansia e andrebbe ripetuto anche più volte al giorno.
Bene in quest’ultima parte passo a spiegare alcune tecniche di apprendimento che hanno a che fare con la memoria. La prima e più potente tra questa è quella dei loci. Prende il nome dal suo primo utilizzatore ovvero Cicerone. É una tecnica conosciutissima ed è probabile che anche tu la utilizzi.
Bisogna premettere che la memoria e la capacità di memorizzare è un’altra grande abilità dell’uomo. La memoria come in generale l’apprendimento è un’abilità che va esercitata e migliora con l’allenamento. Esistono due tipi di memoria quella che utilizziamo per trattenere informazioni temporanee detta memoria di lavoro. Ad esempio se qualcuno ci dice un numero lo memorizziamo con la memoria di lavoro ma se non lo appuntiamo presto ce lo dimenticheremo. La memoria di lavoro funziona come una lavagna, vengono appuntate cose sopra ma ben presto vengono cancellate da informazioni successive. L’altra memoria è quella a lungo termine e è il magazzino o biblioteca dei nostri ricordi e delle nostre conoscenze. Quando diventiamo bravi in qualcosa o apprendiamo una certa abilità o delle informazioni è qui che verranno custodite. La memoria a lungo termine tuttavia è soggetta, per così dire, ad aggiornamenti e pulizie periodiche. Quindi se apprendiamo una certa cosa ma per un lungo tempo non la utilizzeremo questa andrà cancellata poiché il cervello tende a disfarsi di cose che non utilizziamo. Questo ovviamente non è vero per i ricordi per noi significativi che hanno a che fare con alcuni stati emotivi. Questo ci dice che se quando apprendiamo delle cose cerchiamo di associarle a degli stati emotivi interni significativi questi verranno memorizzati con maggiore efficacia.
Abbiamo diversi tipi di memoria, quella visiva per ragioni evolutive è quella per noi più potente. Infatti ricordare dove si trovasse un luogo sicuro o quali bacche fossero pericolose o come fosse la forma degli animali più pericolosi, è stato per i nostri progenitori il fattore di salvezza capace di fare sviluppare la specie. Questa informazione ci è molto utile per apprendere e la tecnica dei loci si poggia proprio su questa premessa. Funziona così: se abbiamo delle informazioni da memorizzare come dei numeri una lista di nomi, una storia ecc ecc si associa a ogni numero o una serie di numeri, o parti di una storia piuttosto che parti di una lista di nomi a delle immagini significative che insieme tracciano un percorso. Ad esempio posso immaginare il tragitto che da casa mia arriva fino alla piazza centrale del mio paese o città e individuare alcuni punti significativi. Una fontana, un arco un negozio e così via lungo tutto il percorso. A questi punti significativi abbinerò parti di informazione della cosa che dovrò memorizzare o imparare. Più la situazione che creerò nella mia mente è bizzarra, forte, strana o ha un aspetto emotivo tanto più facilmente sarò in grado di richiamarla alla mente. Dopodichè comincio con la mente a fare il tragitto e mi fermo in ogni luogo dove ho posizionato la cosa da ricordare fino ad apprendere l’intero percorso.
Tutto questo ci sta ad indicare che nell’apprendimento la capacità visiva è davvero un elemento importante. Da questo derivano anche tutte quelle tecniche come le mappe cognitive che attraverso il disegno aiutano a organizzare le cose apprese.
Ci sarebbe da dire ancora molto sull’apprendimento e sui tanti aspetti che questo comporta.
Su internet c’è molto materiale che parla di questo e molti contributi sono ben fatti. A questo proposito segnalo sicuramente il corso su Coursera che si intitola “Learn how to learn” da cui ho preso la maggior parte delle fonti per questi post, e il libro che si intitola “Imparare ad imparare” di Bellotti e Gorla.