Cookie Policy Prigionieri della comunicazione. - Dott. Igor Siciliano

 

“Comunque ci si sforzi, non si può non comunicare. L’attività o l’inattività, le parole o il silenzio hanno tutti valore di messaggio: influenzano gli altri e gli altri, a loro volta, non possono non rispondere a queste comunicazioni e in tal modo comunicano anche loro.”      P. Watzlawick.

 

La brutta notizia è che, in presenza di un’altra persona all’interno del tuo stesso contesto, che tu voglia o no, sarai costretto a comunicare qualcosa. Anche se tu non gli rivolgerai la parola, anche restando immobile, non potrai fare a meno di scambiare con l’altro informazioni. La bella notizia è che, sapendo questo, potrai essere più consapevole di cosa comunichi.

Anche i più moderni approcci che si occupano di comunicazione umana, in modo più o meno esplicito fanno riferimento agli assiomi della comunicazione messi a punto dalla scuola di Palo Alto guidata da Gregory Bateson: intorno agli anni ’60, alcuni studiosi e ricercatori di diverse discipline si riunirono con il comune intento di  analizzare e meglio comprendere i comportamenti umani. Fino ad allora, infatti, le conoscenze su questo tema si basavano su una visione dei fenomeni di tipo deterministico, che seguiva una logica lineare di causa-effetto: un fenomeno A causa un fenomeno B. Se da una parte questa logica ben si adattava alla spiegazione di fenomeni fisici, dall’altra risultava parziale e riduttiva nel tentativo di spiegare i comportamenti umani, fenomeni ben più complessi.

Da quel gruppo di studiosi, costituito da menti eccellenti, emersero numerose idee, frutto di un lungo lavoro di osservazione e confronto in diversi ambiti: in particolare, il gruppo si dedicò ad un approfondito studio sulle tipologie di comunicazione tra le persone. Paul Watzlawick, con  Beavin e Jackson, organizzarono queste nuove conoscenze nel libro “Pragmatica della comunicazione umana”. In questo testo, per la prima volta, vengono enunciate le regole che governano la comunicazione tra gli individui: i cinque assiomi della comunicazione umana.

Qui di seguito parliamo del I°.

 I° assioma: è impossibile non comunicare

Sembra un enunciato semplice e di facile intuizione, ma questo assioma porta con sè molte implicazioni e conseguenze. Nella mia pratica clinica, quando incontro coppie in consulenza, non è raro che entrambi affermino che il loro problema è che non comunicano. Questo è un pregiudizio errato, come ci insegna proprio il primo assioma. Sarebbe corretto dire, invece, che hanno una comunicazione disfunzionale o problematica, ma non è possibile che non comunichino.

Per essere più precisi, per comunicare, devono essere riscontrabili  alcune condizioni di base: che ci sia un trasmettitore (una persona che comunica qualcosa) e un ricevitore (una persona a cui la comunicazione è destinata o che la possa ricevere). Inoltre c’è bisogno che il canale di comunicazione sia codificabile dal ricevitore. Ad esempio, se comunico ad un cieco lasciandogli un biglietto scritto non avverrà alcuna comunicazione.

Quindi il primo assioma potrebbe essere che in presenza di un canale codificabile tra x e y non è possibile non comunicare.

Facciamo un esempio delle implicazioni di questo assioma. Se salgo sul treno ed incontro una persona che non mi piace e con la quale non voglio avere a che fare e si siede vicino a me è probabile che tutto di me, i miei movimenti, la mia mimica e in generale quello che va sotto il nome di linguaggio non verbale, comunicherà il mio disappunto. Poniamo inoltre che la persona, sedendosi vicino a me, cominci a parlare e  che io, non interessato,  chiuda gli occhi e faccia finta di dormire. Ebbene, pur non parlando con lui, tra me e lui è avvenuta una comunicazione che si potrebbe esplicitare nel modo seguente: la persona mi dice che vuole fare due chiacchiere con me e io gli sto dicendo, e quindi comunicando, attraverso il mio comportamento che non sono interessato. Quindi pur non volendo comunicare con lui, pur non dicendo nulla verbalmente, sto comunicando comunque. La relazione che tenderemo ad istaurare con l’altro sarà la conseguenza di tutte le comunicazioni verbali e non verbali che effettueremo. Se una mamma esasperata dal continuo pianto del proprio figlio si gira dall’altra parte e fa finta di nulla, sta comunicando qualcosa al proprio figlio, qualcosa come “quando piangi non ti do retta”, oppure “non mi interesso di te” e questa comunicazione entrerà a far parte della loro relazione. Se ogni volta che il bambino piange, una mamma molto accudente correrà da lui e lo consolerà, gli comunicherà qualcosa come “ogni volta che piangi io corro da te!”.

In conclusione possiamo dire che siamo liberi “solo” di scegliere cosa comunicare e come farlo, cioè quale canale usare, se le parole, i gesti o il nostro non verbale… ma in presenza di un’altra persona non possiamo non comunicargli qualcosa!