Cookie Policy Non sono capricci, sta crescendo! - Dott. Igor Siciliano

Se nel bel mezzo del pomeriggio ti alzassi dal divano e andassi al bagno e ti mettessi ad aprire e chiudere l’acqua, probabilmente nessuno ti direbbe nulla. Forse il tuo o la tua partner penserebbe che sei impazzito ma oltre ad una esclamazione del tipo “cosa stai facendo?””, nessuno verrebbe al bagno e ti prenderebbe di peso e ti trascinerebbe via. Almeno spero per te.

Se un bambino di due anni e mezzo, si alza dal tappeto dove stava facendo un gioco di qualsiasi tipo e va in bagno e apre e chiude l’acqua del bidè, con molta probabilità la reazione sarebbe alzarsi, andarlo a riprendere e dirgli nel migliore dei casi che non si può fare, che bagna tutto e poi trascinarlo fuori dal bagno, generalmente tra le sue rumorose proteste.

Cambiamo scenario.

Se aprite la finestra e vi mettete fuori al balcone a guardare la lavatrice o a guardare le macchine che passano la scena potrebbe essere simile, vi lascerebbero fare. Se lo fa un bambino, diciamo di due anni, con molta probabilità lo riportereste in casa, gli direste che è pericoloso stare sul balcone e lo invitereste a rientrare. In risposta al suo no, la vostra forza fisica avrà probabilmente la meglio. Lo prenderete in braccio e lo porterete dentro, chiuderete la finestra tra le proteste rumorose di vostro figlio.

Ci troviamo a dire un’infinità di “no” ai bambini e spesso i “si” sono la conseguenza di un precedente no, che cede sotto la loro insistenza, i loro “estenuanti capricci!”

Un po’ di teoria, può esserci utile:

La natura, come spiegato in altri post del sito, ci programma in un modo straordinariamente affascinante. Fin da quando nasciamo abbiamo scritto dentro di noi le tappe del nostro sviluppo. Sono scritte dentro di noi, nei nostri geni, nel nostro DNA. Ma tutto questo è un potenziale ovviamente, cioè, esiste ma ancora deve essere espresso. Quindi di fatto ancora non esiste. Per manifestarsi dovrà trovare delle condizioni che ne favoriscano la comparsa. Fa parte del nostro “potenziale di espressione” .

Se prendiamo ad esempio un seme non vediamo un fiore ma sappiamo tuttavia che se messo in determinate condizioni il seme si trasformerà in fiore.

Come un seme che per crescere ha bisogno di terra, acqua e sole, così un essere umano ha bisogno di elementi che ne determinano prima di tutto la sopravvivenza e poi, la qualità del suo sviluppo. Un seme ha già tutto scritto dentro di se. Certo non vediamo l’albero che sarà, seppur possiamo immaginarlo, ma sappiamo che se le condizioni lo permetteranno quel seme sarà un albero o una pianta o ancora un fiore.

Quando nasce un bimbo o una bimba, ha scritto dentro di sé che se ci saranno le condizioni sarà un uomo o una donna. Non sappiamo con quali qualità o talenti, non sappiamo quali gusti avrà ne quali preferenze, ma sappiamo che sarà un uomo (o donna).

Differenze: se l’albero per essere tale basterà che sia, non so, verde e che faccia dei frutti, per l’essere umano è più complicato dire come dovrebbe essere. In effetti l’idea di come dovrebbe essere un adulto cambia molto da una cultura all’altra e anche all’interno della stessa cultura, ma sicuramente non è sufficiente dire che abbiamo raggiunto il nostro obiettivo di genitori se quello che era un bambino è diventato un adulto in salute e capace di riprodursi. Per noi esseri umani essere adulti racchiude un certo numero di capacità e abilità che non sempre si sviluppano e non sempre sono presenti. In questo caso, sarebbe come dire che molti adulti sono come quei semi che si, diventano alberi, ma che non danno frutti, o non hanno foglie.

Potremmo dire genericamente al di là delle differenze culturali, che un adulto per essere tale, dovrebbe essere una persona autonoma, ragionevolmente coinvolta con gli altri ma anche differenziata, con un atteggiamento amorevole verso la vita e capace di contribuire attivamente all’interno della comunità di appartenenza.

Del resto nel mondo ci sono tante comunità differenti quindi questa abilità può trovare grandi forme di espressione.

Essere autonomo e contribuire attivamente sono due abilità che possono essere viste in modo propedeutico ovvero una persona diventa autonoma cioè capace di fare cose, di pensare, di sostentarsi, di scegliere etc. etc. da solo e in modo indipendente e a suo modo entrando in relazione con la comunità di appartenenza contribuirà alla vita sociale, culturale, lavorativa della comunità stessa.

Questo ci riporta all’inizio del post. Quando comincia un bambino ad essere autonomo? Molto presto.

Già verso i nove dieci mesi con il gattonare prima e poi il camminare, il bambino comincia a sperimentare piccoli passaggi di autonomia. Sicuramente è più visibile e più chiaro questo passaggio verso i due anni, due anni e mezzo, quando entrano in campo quelli che comunemente vengono chiamati i capricci. C’è un momento fantastico in cui il bambino dice no! Ci avete fatto caso, i bambini dicono prima no mentre il sì compare più in là.

Generalmente quindi dai diciottomesi (più o meno) il bambino si fa capire di più e capisce a sua volta più cose, comincia il linguaggio e diverse forme di espressione più complesse delle precedenti. Il bambino in modo più evidente comincia a esprimere le sue preferenze. Quindi?

Siamo sicuri che sono “solo capricci?”.

Faccio un esempio: finiamo di mangiare, e al bambino di due anni gli viene detto che adesso si deve lavare le manine, il visetto e i dentini. Lui vi guarda e dice no. Comincia quindi una lunga trattativa sul da farsi, voi dite e gli spiegate che ci si lava dopo mangiato e lui continua a dirvi: no. Al di là di quello che deciderete di fare, portarlo a forza a lavarsi o lasciarlo stare, il momento è straordinario! Perché rappresenta un primo momento di differenziazione il bambino non aderisce a ciò che gli viene richiesto e lo manifesta. In quel momento è separato. Certo forse la situazione è futile e quindi capricciosa ma credo riduttivo eticchettarla come manifestazione di capriccio.

 In italiano questo termine sta ad indicare una voglia improvvisa e bizzarra, un piagnucolio caratteristico dei bambini per attirare l’attenzione ecc ecc.

La realtà è che quelli che vengono definiti i terribili due anni sono caratterizzati o dovrebbero esserlo, dalla comparsa in modo più deciso e chiaro di una volontà del bambino.

Questa volontà generalmente va in contrasto con l’idea che i genitori hanno di come e quando dovrebbero essere fatte le cose. Vedi l’esempio dell’aprire l’acqua in bagno o andare fuori sul balcone di cui accennavo nell’esempio sopra. Questa spettacolare comparsa della volontà e soprattutto della capacità di manifestarla è qualcosa di prezioso, il cuore e l’anima di quell’adulto che sarà quel bambino domani. È l’espressione di ciò che inizialmente era solo potenziale è il seme che sta sbocciando. La natura dopo averci fatto passare i primi mesi attaccati alla nostra figura di accudimento, nostra madre in modo principale, ci ha riservato il compito di esplorare e sviluppare la nostra autonomia e per indurci a fare questo ha instillato dentro di noi il seme della curiosità. Nulla è casuale.

Ogni bambino sano e nato in condizioni normali, è curioso. È un tratto comune, perché?

La curiosità è l’ingrediente indispensabile che porta all’esplorazione, a farci fare un passo un po’ più in là di dove siamo e poi ancora uno e uno ancora. Se tutto questo verrà sostenuto potremmo arrivare lontano. Ma se al contrario questo viene squalificato, costretto, limitato, scoraggiato per qualunque motivo, purtroppo questo arrecherà un danno a quel bambino. È come bloccare un processo che va avanti per tappe e per gradi. Se non si raggiunge una tappa il resto del processo viene compromesso. Le tappe non sono indipendenti ma propedeutiche. Non si può imparare a correre senza aver imparato a camminare, o fare un discorso prima di aver imparato le parole.

Allora cosa fare:

intanto essere pazienti. Perché ciò che cambia tra l’adulto e il bambino è che generalmente l’adulto se vuole fare una cosa la fa e nessuno deve stare lì a controllarlo mentre per un bambino è generalmente necessario. Quindi tanta pazienza e nervi saldi.

Le vite che ci troviamo a fare spesso ci stressano e mettersi a discutere con nostro figlio di due anni se deve lavarsi le manine dopo cena può essere un’impresa impossibile dopo nove ore di lavoro o una giornata faticosa. La stanchezza ci fa cedere e a volte lasciamo semplicemente stare oppure tagliamo corto e gli facciamo fare ciò che crediamo debba fare senza spiegazioni e senza tener conto di altro. Questo è abbastanza comune. A volte però è un peccato perché è l’insieme dei  piccoli momenti che creano le abitudini, anche relazionali e comunicative, che poi saranno alla base dei comportamenti. Quindi pazienza, consapevolezza e nervi saldi sono gli ingredienti base per fare bene.

Poi se è certo che non bisogna far fare qualunque cosa, tuttavia molte cose possono essere fatte organizzandosi un po’. Ad esempio sul balcone potremmo lasciarlo andare, mettendolo in sicurezza con una grata alta e togliendo tutto ciò che per lui è pericoloso e se necessario stare lì fuori con lui. Se vuole aprire l’acqua del bagno potremmo mettergli una pettorina e lasciare che giochi con l’acqua magari dopo coinvolggerlo nell’asciugare a terra se ha bagnato.

Insomma da una parte sostenere e incoraggiare la scoperta, l’autonomia attraverso il gioco e dall’altra regolarla. E’ un continuo aggiustarsi in relazione al bambino.

Imparare a discernere tra capricci e espressioni di volontà.

Ovviamente i capricci esistono e bisogna tagliare corto quando si manifestano e non correre il rischio attraverso comportamenti di rinforzarli. Il rischio è etichettare un bambino che sta provando ad esprimersi, e sta cercando di evolversi, come capricciso.

Troppo spesso i bambini vengono considerati tra due poli opposti, o non gli si riconosce alcuna volontà o comunque non la si considera degna di essere accolta (tipica dell’educazione autoritaria) oppure lo si lascia completamente in balia di se stesso facendogli fare qualunque cosa (tipica dell’educazione permissiva). Entrambi questi atteggiamenti sono sbagliati.

La difficile arte di fare il genitore di un bambino piccolo è quello di trovare un equilibrio che continuamente cambia in considerazione che i bambini cambiano velocemente. L’equilibrio trovato in un periodo non sarà più tale dopo poche settimane e bisognerà nuovamente riaggiustare il tiro e trovare un nuovo equilibrio. La guida, il faro maestro resta sempre la natura che molto meglio di noi sa cosa fa! E la natura prevede per noi un futuro da persone autonome e differenziate.

E tu che bambino o bambina sei stato/a, ti lasciavano libero di esprimerti, di scoprire, di protestare oppure no. Quale ambiente ha caratterizzato la tua crescita? un ambiente sereno dove venivano accettate le diversità, veniva premiata l’iniziativa, gratificato l’impegno o al contrario in cui prevaleva la tendenza ad omologare? Magari si preferiva che le cose si facessero in un certo modo e non si lasciava spazio a innovazioni? Cosa accadeva se le aspettative venivano deluse? E se nonostante l’impegno non raggiungevi gli obiettivi? Cosa accadeva? Questi ed altri fattori potrebbe esserti utili per capire alcune modalità con cui oggi ti relazioni con te stesso e al mondo.