Cookie Policy Educare attraverso le punizioni - Dott. Igor Siciliano

Un modello educativo che non funziona

Non vi è dubbio che i modelli educativi in questi ultimi anni sono cambiati. Così come non vi è
dubbio che i diritti dei minori sono diventati una priorità, almeno sulla
carta. Sono sempre più frequenti, su tutti i mezzi di informazioni, i dibattiti
che mettono in luce l’importanza di un certo tipo di educazione basata sul
riconoscimento
, sul dialogo e sulla comprensione e che mettono
in guardia dai danni che più provocare un’educazione autoritaria e basata
su atteggiamenti punitivi.

Ma è davvero così?

Davvero le persone poi
nella vita quotidiana, quando hanno a che fare quotidianamente con i figli, con
i mille “capricci” riescono a mettere in atto un’educazione che
si basa sulla comprensione. O è più facile che qualche “schiaffo parte dal
binario 1!”
(Cit.)

In effetti, a ben guardare le ricerche, l’educazione che si basa sull’autorità è molto più
frequente di quanto si pensi. Rispetto a cinquanta anni fa è sicuramente
cambiato il modo di allevare i figli e di educarli. Mentre infatti, prima, le
punizioni fisiche erano all’ordine del giorno sia in famiglia ma anche
all’interno degli istituti educativi come le scuole i collegi, oggi lo sono
molto meno. Sicuramente non sono più presenti ad esempio, all’interno della
scuola a meno di casi eccezionali che finiscono velocemente sulla cronaca. Oggi
un insegnante si guarda bene dall’alzare un solo dito verso un suo alunno se
non vuole rischiare di essere cacciato dall’Istituto e restare disoccupato!

Tuttavia l’idea che i genitori debbano assumere un ruolo autoritario è ancora molto presente
soprattutto nella società italiana. Così come è presente l’idea che non bisogna
mostrare ai propri figli il troppo amore o fare troppe tenerezze. Il modello
che ancora va per la maggiore è quello legato all’educazione che si basa sui
premi e punizioni
.

Un sistema educativo molto semplice nella sua logica: se fai questo riceverai un premio, se non fai questo ti punisco e subirai una privazione o una condizione spiacevole. Riguardo le punizioni fisiche come le botte, il rinchiudere un ragazzino in una stanza o cose del genere non mi soffermo molto ma ti invito a leggere quest’altro post. Qui affermo solo che è un grave errore picchiare il proprio figlio anche con uno schiaffo o delle sculacciate o dei colpi sulle mani. Per il bambino ricevere punizioni fisiche è sempre molto umiliante. Ciò che si rischia è una rottura del legame di fiducia e il bambino tenderà ad allontanarsi e nutrire un dubbio nei vostri confronti. Questo ovviamente non avviene in modo esplicito ma diciamo subconscio, attraverso l’esperienza di azioni che si ripetono il bambino non si fiderà totalmente di voi perché voi oltre a dargli amore, sarete capaci di ferirlo. Questo è male. Non è buono. È ovvio che mi riferisco a situazioni che si ripetono e non ad uno sculaccione dato una volta! Quindi la prima cosa da fare è eliminare ogni comportamento che abbia come mezzo quello della punizione fisica. Se è già accaduto in passato in modo più che occasionale, potrete sempre dire a vostro figlio che ne “siete molto dispiaciuti, che a volte vi capita di perdere il controllo e fare cose di cui vi pentite e che gli promettete di fare in modo di non ripeterlo”. Poi mantenete la promessa.

Spero che fin qui
sei d’accordo con me.

La seconda questione sulla quale vorrei riflettere insieme è molto comune tra i genitori e riguarda
il sistema dei premi e punizioni. Questo sistema è anche usato in
psicoterapia, soprattutto quella di stampo cognitivo comportamentale. Il
concetto che ne sta alla base è quello che il bambino impara ad associare a
determinati comportamenti la riscossione di premi e quindi tenderà a ripeterli
perché riceve una ricompensa mentre per altri comportamenti, riceverà delle
punizioni e quindi ci si aspetta che queste tenderanno a scoraggiare il
ripetere di quei comportamenti bersaglio. Questo metodo nasce dagli
importanti studi condotti sui cani e non solo, da Plavov inizialmente e poi da
una serie di importanti ricercatori psicologi.

Ma funziona
davvero?

È corretto chiedersi se questo sistema funziona davvero. Sicuramente funziona per un cane o per un
ratto. Ma l’essere umano è più complesso. Per rispondere a questa domanda
dobbiamo porcene un’altra prima. Cosa intendiamo ottenere? e cosa intendiamo
quindi, quando diciamo che funziona?

Questo è importante poiché se noi vogliamo ottenere dei bambini obbedienti e in una certa misura sottomessi a ciò che noi gli diciamo in quanto genitori o figure educanti è un
conto. Se il nostro obiettivo è dare strumenti e sostenere nostro figlio a
crescere con un pensiero critico e un atteggiamento responsabile verso se
stesso e verso gli altri è un altro.

Mi spiego meglio.

Il sistema premi e punizioni a volte funziona e a volte no. Dipende da alcune

variabili quali il carattere del bambino, le caratteristiche del premio e della punizione e
l’atteggiamento del bambino verso queste, dall’atteggiamento dei genitori o
della figura che somministra il premio o la punizione, la storia passata e come
si è arrivati ad una determinata situazione. Le variabili e il loro
intrecciarsi sono molte. Quindi possiamo dire che in determinate situazioni il
sistema premi e punizioni non funziona. Anzi, in situazioni molto conflittuali
tra genitori e figli ad esempio, rischia di aumentare l’intensità del
conflitto. Se un ragazzino di 11 anni è arrabbiato, a torto o a ragione con i
propri genitori, adottare questo sistema può irrigidire la sua posizione e pur
di non darla vinta ai genitori potrebbe essere disposto ad assumere posizioni
francamente bizzarre con l’effetto di esasperare ancora di più la situazione e
i genitori stessi che tenderanno a loro volta a irrigidirsi creando un circolo
vizioso pericoloso!

Poniamo adesso invece che funzioni e che il ragazzino tenda ad adeguarsi al sistema e ad obbedire alle regole o alle aspettative che i genitori o l’educatore gli propone. Il
punto è che quel ragazzino tenderà ad aspettarsi un premio quando farà qualcosa
che sa che i genitori vogliono che sia fatta. Si innescherà così una situazione
in cui il ragazzo sarà più interessato al premio piuttosto che all’attività che
svolge, con l’effetto di una deresponsabilizzazione. Studierà o farà finta, perché
lo manderanno a giocare a calcio e non perché ha capito che lo studio è
importante per lui, si laverà perché potrà vedere Netflix e non perché ha
imparato che l’igiene personale è una cosa importante per se stesso. Inoltre
tenderà ad aspettarsi lo stesso trattamento dagli altri. Il rischio è che se la
regola del sistema viene introiettata, cioè fatta propria, in futuro tenderà a
ricercare delle ricompense anche in situazioni extrafamiliari.

Le ricerche evidenziano che le punizioni non sono un buon sistema educativo. Ciò a cui
bisognerebbe tendere piuttosto è la costruzione di un dialogo e alla responsabilizzazione
dei ragazzi in relazione all’età che hanno e alle abilità che hanno acquisito.
Il dialogo e il confronto è alla base di un buon sistema educativo. La
comprensione e l’amorevolezza è alla base di una crescita psicologica sana.

Questo non significa che non ci devono essere regole, confini e limiti. Anzi questi sono
elementi indispensabili per un bambino che cresce. Senza questi elementi si
produce sofferenza e malattia. Quello che si sta cercando di sostenere è che
questo può essere fatto in modo si, deciso, ma anche contemporaneamente in modo
amorevole e rispettoso.  

Il bambino cambia
rapidamente

Una grande sfida per un genitore è quella di tenere presente che il bambino cambia rapidamente. Nel giro di pochi mesi, soprattutto quando è piccolo, un bambino è diverso e ha capacità ed abilità diverse, rispetto a soli pochi mesi prima. Questo richiede un continuo
aggiustamento e una continua trasformazione delle modalità educative. Non
significa che devono cambiare le regole che anzi devono mantenere una certa
coerenza. Ma deve cambiare il modo di rapportarsi a lui tenendo sempre conto
delle capacità nuove acquisite. Adattarsi di continuo non è semplice poiché
quando si pensa di aver raggiunto un nuovo equilibrio e una buona formula
questa deve essere cambiata perché non è più adatta e se ne deve trovare
un’altra maggiormente capace di rispondere alle nuove esigenze.

Maria Montessori nel suo libro la mente
assorbente
spiega che lo sviluppo dell’indipendenza e la capacità di
scegliere passano attraverso tre fasi:

Da 0 a 2 anni e
mezzo circa
, il
bambino è sostenuto da un certo impulso interiore che lo spinge verso il suo
percorso di autocostruzione. In questa fase il bambino obbedisce solo occasionalmente.

Dai 2 anni e mezzo
ai 5,
il bambino
è guidato dal desiderio di obbedire ma non sempre è capace di farlo.

Dopo i 5 anni, se pure non è detto che le rispetti,
il bambino ha acquisito la capacità sia di comprendere un divieto o l’utilità
di una regola, sia le capacità di rispettarla.

Queste conoscenze ci fanno capire quanto sia importante relazionarsi al bambino tenendo bene a mente la sua età e le capacità raggiunte. È infatti insensato punire un bambino che
non ha neppure due anni e mezzo, perché non ha ancora raggiunto la capacità di
comprendere e di controllare il proprio comportamento. Anzi punirlo risulta
essere dannoso poiché tende a limitare la scoperta di sé, tappa evolutiva
di questa fascia di età.

Ancora una volta non si sostiene l’idea che bisogna essere permissivi ma semplicemente adattare l’ambiente in relazione anche dei bisogni del nuovo arrivato. Le idee e le
pratiche della Montessori e tutte le guide che ne sono derivate, pongono molto
l’accento su questo punto. Cercare, per quanto più possibile, di avere un
ambiente in cui il bambino piccolo possa muoversi ed esplorare liberamente e
fare le scoperte seguendo le proprie specifiche modalità è molto importante e
utile. In un ambiente in cui tutto diventa un divieto, infatti, il bambino ne
risulterà limitato nell’esperienza. Al contrario la costruzione di queste
condizioni capaci di tenere al centro le esigenze del bambino, è un
aspetto  importante per accompagnare in modo positivo la costruzione di se del bambino. Un senso di se efficace e fiducioso perché muovendosi liberamente e con l’approvazione dell’adulto sentirà di potersi fidare. Un bambino che non viene preso a sculaccioni o a schiaffi
e che non viene continuamente sgridato sarà un bambino sicuramente più
sereno
e sarà sostenuto da un atteggiamento più fiducioso verso se e verso
la scoperta del mondo.

Cosa fare?

Se quando il bambino è piccolo, un ambiente adattato alle sue esigenze è la migliore arma educativa e di promozione del benessere, mano a mano che il bambino cresce e acquisisce
abilità più complesse come il linguaggio sia parlato che compreso, il dialogo e
la spiegazione è ciò che dovrebbe stare alla base dell’educazione. Oltre a
spiegare il come si fa una cosa il bambino va guidato e se fa il
contrario di ciò che gli viene detto allora gli si dovrebbe spiegare le
conseguenze con un atteggiamento calmo, amorevole e neutro privo cioè di
giudizio. Il bambino attraverso questo modello educativo imparerà le
conseguenze delle proprie azioni e non sarà interessato ad un premio o
spaventato da una punizione. Questo aumenta il senso di responsabilità e di
partecipazione attiva. Se ad esempio rompe qualcosa più che punirlo e
rimproverarlo bisognerebbe spiegargli (con tanta pazienza) le conseguenze di
ciò che ha fatto e magari facendolo collaborare nella pulizia o nella
sistemazione della cosa rotta. Ad esempio andando a prendere la scopa e la
paletta o tenendo il secchio della spazzatura.

Proprio ieri sera stavamo sul tappeto di casa e mio figlio di poco più di due anni comincia a smontare il tappeto composto da un puzzle dove eravamo seduti. Il tappeto in questione è
quello classico, tutto colorato, morbido, con lettere e numeri all’interno.
Dopo pochi minuti la sala era piena dei singoli quadrati tutti in giro. Non vie
era alcun motivo, almeno apparante, del perché stesse facendo quella cosa.
Forse solo perché gli piaceva o perché io gli dicevo di lasciar stare. A volte
questo divieto è sufficiente per farlo persistere oltremodo! Comunque alla fine
abbiamo continuato a giocare un po’, poi c’è stato il cambio pannolino e prima
di andare a letto gli ho detto che bisognava sistemare e che lui mi doveva
aiutare visto che aveva combinato lui quel disordine. Ci siamo messi lì e pezzo
dopo pezzo abbiamo ricostruito tutto il tappeto, e mentre lo facevamo lui si è
divertito perché giocavamo ad indovinare dove andavano posti i differenti
numeri. Quando abbiamo finito mi sono complimentato con “noi” e siamo andati a
fare le ninne.

Le cose potevano andare diversamente:

scenario 1) lasciarlo stare e fargli fare ciò che stava facendo senza limitazioni. In questo caso
ritengo che si sarebbe persa un’opportunità educativa e il bambino non avrebbe
tratto alcun insegnamento.

Scenario 2) insistere che la smetta di staccare e lanciare pezzi di tappeto per la sala, fino a limitarlo fisicamente. Probabilmente lui si sarebbe messo a urlare e piangere e preso
dalla stanchezza avrei potuto dargli uno sculaccione e dirgli di finirla con
quei caporicci.

In questo ultimo scenario oltre a perdere una possibilità di apprendimento attraverso il gioco ed un clima positivo si sarebbe introdotto un apprendimento basato su un clima
negativo.

Non è quasi mai così semplice e a volte sto imparando che bisogna desistere e lasciare stare. Del resto è meglio perdere una piccola battaglia e non rischiare di farla diventare troppo
importante poiché questo complicherebbe le cose.

La questione educativa insomma, è una questione molto complessa in cui non credo che esistano ricette perfette.
Ognuno può o dovrebbe cercare il proprio modello personale. Tuttavia ci sono
dei principi veri, una sorta di verità come ad esempio un modello educativo che
si basa sulle punizioni non è un modello valido ed efficace se volete crescere
figli sani, sicuri, liberi e che siano capaci di amare in modo positivo se
stessi e gli altri.