Avete avuto il vostro piccolo cucciolo d’uomo. È li, con la sua straordinaria presenza. Lo avete pensato, desiderato e provate forse un misto di forza e paura. Forza perché le madri sentono lo straordinario miracolo che sono state in grado di realizzare e paura, un po’ si, perché la responsabilità verso quella creatura indifesa è totale. La vita che arriva mostra anche tutta la sua grande fragilità.
Da te dipende la sua vita, la sua stessa sopravvivenza. Un pianto può allarmare una madre (e un padre) davvero molto. Tolte le cause principali come il sonno, la fame, o il pannolino sporco il pianto continuo di un bimbo è a volte davvero un mistero. La natura lo ha fatto in modo da risultare intollerabile alle orecchie della madre. Le coliche, i dentini o forse non respira bene. Davvero un mistero.
La madre rappresenta per il neonato il veicolo per il mondo anzi si potrebbe dire che la madre per il neonato è il mondo. Non la madre come altro da sé ma in un tutt’uno senza soluzione di continuità. E gradualmente, attraverso i suoi occhi, impara a conoscere l’esterno, l’altro, il mondo in un processo lento e continuo giorno dopo giorno.
Inizialmente, il neonato, vive una forma di simbiosi di tutt’uno con la madre. Non c’è io e tu ma solo una grande fusione. E piano piano il bambino comincia a sviluppare il senso di se e dell’altro. Attraverso un processo graduale e relativamente lento. Ma quando guarda la madre cosa vede un bambino se vede il mondo. La madre, o più in generale le figure di attaccamento, quelle cioè che si prendono cura di lui e quelle verso le quali il bambino ha un comportamento di attaccamento, in che modo rispecchiano il mondo?
Può aiutarci una metafora. La madre è per il figlio come lo stomaco o l’apparato digerente per il corpo umano. Lo stomaco attraverso il suo lavoro permette di trasformare il cibo in sostanze minime assimilabili dall’organismo attraverso la digestione. Ebbene la madre ha la stessa funzione. Bion l’ha chiamata funzione Alfa. Poiché il neonato, per molti anni ancora, non è in grado di assimilare le moltissime informazioni e significati che gli giungono dall’esterno, è la madre che attraverso il suo legame speciale e la sua capacità di sintonizzazione a trasformare tutto in modo da essere digeribile e assimilabile al figlio.
Bene, fatta questa premessa mi voglio soffermare su un altro aspetto. Quando una madre guarda il figlio cosa vede suo figlio? Vede se stesso. Negli occhi della madre il neonato si rispecchia e comincia a dare senso a se stesso. Il bambino non guarda e basta, ma guarda e assimila, guarda e impara. Quindi guarda se stesso negli occhi della madre e impara. E allora se negli occhi della madre vede felicità, amore e vede la madre sorridergli e guardarlo con amorevolezza lui imparerà non solo che la madre è dolce e sorridente ma che lui è un essere amorevole. Se invece come troppo spesso accade la madre guarda suo figlio con una smorfia, con rabbia, o tristezza imparerà che forse lui non è un essere così amorevole.
Non vi sono dubbi sull’impatto dello sguardo della madre sul “suo” neonato e in generale sull’impatto degli altri significativi su di lui. Un esperimento molto interessante anche se ormai datato, evidenzia questa importanza. In questo esperimento un bambino veniva messo a gattonare su una stanza. La stanza era un po’ speciale. Infatti, al centro c’era un precipizio coperto da una lastra di vetro. Si poteva attraversarlo camminando sulla lastra e nello stesso tempo vedere il precipizio. Ebbene il bambino lasciato libero di muoversi, gattonava spedito fino al limite in cui cominciava il precipizio per poi fermarsi all’improvviso e girarsi verso la madre. In questa situazione percependo un pericolo il bambino si gira alla ricerca degli occhi della madre perché è attraverso di lei che da senso alla situazione. Se la madre, istruita dall’esaminatore, rispondeva con un gesto o un’espressione di paura e terrore, il bambino si fermava piangeva o tornava indietro. Se al contrario la madre faceva un gesto come per annuire e sorrideva in un comportamento di incoraggiamento il bambino continuava spedito. Straordinario come la natura abbia creato un istinto volto a mettere in sicurezza il neonato preservandolo da pericoli.
Ancora un altro esperimento. Anche in questo caso i protagonisti sono la madre e il suo neonato.
Una madre veniva quindi, istruita dall’esaminatore, con l’indicazione di non rispondere in alcun modo alle richieste di interazione del figlio tenuto in braccio. Ebbene il neonato dopo vari tentativi di interazione tendeva a diventare passivo e poi scoppiava a piangere. Il bambino non capisce cosa sta accadendo, perché la madre non gli risponde e questo lo getta prima nello sconforto e poi nel panico. Non incontrando la risposta della madre non trova più quello che per lui rappresenta la bussola per dare significato alle cose. Si smarrisce nel vuoto e nella solitudine.
Questo è purtroppo è ad esempio, quello che accade ai bambini con le mamme depresse. La depressione è un rivolgere la rabbia e la frustrazione su se stessi in un movimento di ripiegamento, chiusura e irraggiungibilità.
Nella depressione non c’è futuro e non c’è speranza. Non c’è desiderio. Il passato è vissuto come un macigno che annienta ed eclissa tutte le altre possibilità. In questa condizione il bambino vede solo il buio negli occhi della madre e viene così a trovarsi a vivere in una situazione di completo smarrimento e paura. Cercherà di comprendere l’incomprensibile di leggere l’ignoto e imparerà a percepire l’esterno come pericoloso e privo di speranza come qualcosa che ci annienta.
Il figlio negli occhi del genitore vede sempre anche se stesso e il modo di come il genitore lo guarda e lo tratta, gli dice chi è lui. Lui da loro, imparerà a trattarsi. L’ idea di se stesso origina dall’idea che i suoi genitori e in particolare la mamma hanno di lui. Queste sono le ragioni per cui non bisognerebbe mai etichettare un bambino come poco capace, capriccioso, somarello ecc. ecc. Perché le etichette sono una forma di condizionamento sulla percezione di se stessi. È come se si crescesse con un pensiero del tipo: se gli altri pensano questo di me, probabilmente è vero e quindi non posso che comportarmi in quel modo.
Guardare i figli nella loro straordinaria unicità che comprende anche i loro difetti, con amorevolezza incondizionata, trasmetterà anche fiducia e benessere per quel bambino.